Nonostante il crescendo delle prescrizioni di statine, i farmaci che abbassano il colesterolo, la malattia cardiovascolare persiste e si prevede un aumento del 40% in tutto il mondo entro il 2030. L’aterosclerosi, la causa di attacchi cardiaci e ictus, provoca 17 milioni di decessi ogni anno.
Questo accade perché la medicina convenzionale ha sempre fallito nell’affrontare le cause radice; le terapie farmacologiche infatti, con la riduzione meccanica dei livelli di colesterolo, della pressione sanguigna, della glicemia, si concentrano solamente sui sintomi.
La medicina ufficiale inizia ad ammettere l’inutilità delle statine
Ora sta finalmente diventando evidente che la riduzione del colesterolo nel sangue non ha avuto successo nel controllo delle malattie cardiovascolari.
Durante oltre due decenni di prescrizione e promozione delle statine, i benefici di questi farmaci sono stati sempre più messi in discussione da parte dei professionisti del settore medico, per due ragioni:
- le statine non presentano evidenze cliniche consistenti nel ridurre gli eventi cardiovascolari e la mortalità;
- gli effetti collaterali vengono spesso sottovalutati e per contro sopravvalutati i benefici.
Una pubblicazione del luglio 2017 apparsa sul Pharmaceutical Journal della Royal Pharmaceutical Society1 presenta argomenti sulla fine dell’ipotesi colesterolo = malattia cardiaca.
Nel 2016, in uno sprezzante sforzo volto a proteggere il mercato dei farmaci, la US Task Force for Preventive Services ha pubblicato linee guida per i medici che raccomandano statine per tutti gli adulti tra i 40 e i 75 anni anche se non hanno alcuna storia di malattie cardiovascolari ma hanno almeno un fattore di rischio come il colesterolo alto, il diabete, la pressione alta o il fumo. Inoltre, è stato raccomandato che questi farmaci venissero presi da persone di età superiore ai 75 anni.
Attualmente, circa il 60% della popolazione americana sta già assumendo statine e le nuove linee guida potrebbero aggiungere altri 56 milioni di persone, tra cui i bambini. Allo stesso tempo, sono stati costantemente sottovalutati il fatto che circa il 29% degli utilizzatori di statine sono predisposti al diabete, a problemi renali, alla demenza, all’insufficienza cardiaca e al danno muscolare irreversibile.
Oltre alle misure amministrative, i produttori farmaceutici delle statine disturbano i risultati degli studi clinici.
Un esempio di ciò è la sperimentazione clinica pubblicata nel 2015 nel Journal of American College of Cardiology3 in cui si è dimostrato come le statine hanno
abbassato i livelli lipidici del sangue ed hanno anche raddoppiato il punteggio di calcificazione nelle arterie coronarie.
L’interpretazione secondo cui le placche dure (ricche di calcio) sono meno inclini alla rottura rispetto alle placche morbide (ricche di colesterolo) non poteva reggere per molto.
Approfondimento sulla calcificazione e l’ insufficienza cardiaca causata da farmaci.
Gli studi di follow-up, infatti, hanno confermato che il punteggio coronarico del calcio è un indicatore molto più significativo del rischio cardiovascolare rispetto ai livelli di colesterolo.
Crolla il mito del colesterolo elevato come causa di infarti ed ictus
È solo una questione di tempo e il colesterolo alto non sarà più considerato la causa di infarti ed ictus nei prossimi anni.
Nella sfrenata ricerca di nuovi farmaci che migliorino il profilo lipidico, assistiamo nel 2016 ad un completo fallimento della prevenzione di eventi cardiovascolari. Secondo la ricerca presentata alla 65a sessione scientifica annuale dell’American College of Cardiology2, il farmaco evacetrapib non è riuscito a prevenire un singolo caso di attacco di cuore, ictus, by-pass o angina, sebbene abbia raddoppiato i livelli di colesterolo ‘buono’ e abbassato quello ‘cattivo’.
Per contro il concetto del Dott. Rath, secondo il quale un deficit a lungo termine di micronutrienti danneggia le pareti dell’arteria e aumenta le richieste di colesterolo come fattore di riparazione, ha accumulato un forte supporto scientifico e clinico.
È l’unico concetto che risponde alle domande chiave della ricerca cardiologica e spiega il ruolo fondamentale dei micronutrienti nel sostegno dell’integrità e della stabilità delle pareti vascolari.
Un aspetto significativo del lavoro condotto dall’Istituto di Ricerca Dr Rath ha dimostrato che un’adeguata assunzione di micronutrienti può offrire dei benefici cardiovascolari anche nei casi di elevata predisposizione alle malattie cardiache.
I ricercatori hanno utilizzato un modello animale unico che imita il rischio di malattie cardiache negli esseri umani combinando due fattori di rischio critici: pressione alta e predisposizione genetica al colesterolo alto. Gli animali con questi profili di fattori di rischio hanno beneficiato in modo significativo di un’alimentazione dietetica di micronutrienti composti da vitamina C, lisina, prolina e altri.
Nel gruppo che ha ricevuto l’integrazione di micronutrienti sono stati registrati i seguenti miglioramenti:
- una riduzione del 60% dei depositi di grassi nelle pareti dell’arteria
- la gravità delle lesioni aterosclerotiche è stata inferiore del 31%
- il colesterolo LDL del plasma è diminuito del 66%
- il colesterolo totale ha subito una riduzione del 32%.
Inoltre, c’e stata una riduzione delle “rotture” della parete arteriosa e della formazione di coaguli di sangue, con conseguente riduzione del rischio di blocco del flusso sanguigno nelle arterie del cuore e del cervello (elenco pubblicazioni).
Uno studio clinico condotto con 55 pazienti conferma ulteriormente le ricerche in vivo.
Questi risultati convincenti dimostrano l’efficacia della miscela di micronutrienti, associati in sinergia. Il gruppo di ricerca del Dr Rath sta dimostrando la possibilità di ottenere un effetto simultaneo sui meccanismi biologici associati a fattori di rischio estremi per malattia cardiaca, senza gli effetti collaterali associati alle statine o ad altri farmaci.
Riferimenti
2. ScienceDaily
3. Impact of Statins on Serial Coronary Calcification During Atheroma Progression and Regression
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